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  • Immagine del redattoreRoberto De Pascale

l’evoluzione della tradizione

Oggi ci troviamo in un posto a dir poco favoloso, che ti lascia senza parole per la sua bellezza e ho l'onore di conoscere uno chef famoso in tutto il mondo.

Si respira aria di famiglia nel ristorante di Ugo Alciati a Serralunga d’Alba (Cuneo).

Di una famiglia capace di esprimere convivialità, attenzione per i particolari, un senso di appartenenza che, seppur da estraneo, ti fa sentire a casa.

E che casa. una casa favolosa, Guido Ristorante si trova all’interno della Tenuta Fontanafredda, nell’edificio ottocentesco della Villa Reale, in questo luogo che nasce dalla storia d’amore tra Re Vittorio Emanuele II e la Bela Rosin. Il posto ha mantenuto l’incanto di un tempo e le sale, ampie e luminose, raccontano di un’Italia che non c’è più.

Ciò che colpisce sempre, quando parli con Ugo Alciati, chef tra i più rappresentativi dell’alta cucina italiana, è l’atteggiamento easy going, una persona allegra, alla mano che ti mette a tuo agio e non fa pesare di essere uno chef stellato.

Ugo è un figlio d’arte – suo padre Guido e sua madre Lidia hanno scritto, negli anni ’70- 80, la storia della cucina piemontese – Ugo è nato e cresciuto con la cucina nel DNA.

Ha iniziato la sua attività giovanissimo, un po’ per gioco, nel locale di famiglia Guido Ristorante, che apre i battenti a Costigliole d’Asti per la prima volta nel 1960.

Mi ha raccontato che in cucina è nato, da piccolo nel seggiolone guardava la mamma e la nonna cucinare, le donne di famiglia con le quali passava tutto il suo tempo.

Loro erano le cuoche del ristorante quindi in qualche modo sin da piccolo è stato contagiato per la passione per la cucina.

Da piccolo in cucina ci giocava, gli piaceva come ambiente e da piccolo scopri' che l'unico modo per avere un suo spazio era dedicarsi ai dolci.

Aveva una stanza dove c'erano dei banchi e l'aveva attrezzata con tutte le attrezzature da pasticciere, Cucinare dolci gli piaceva tantissimo, lo stimolava, l'alchimia, la precisione e così per gioco ha provato e ha iniziato a preparare dolci.

.Ancora oggi la pasticceria resta il suo primo amore, alla cucina si è avvicinato solo molto tempo dopo quando inizio' ad aiutare la mamma.

Gli ho chiesto quanta influenza ci sia stato nell'essere in qualche modo figlio d'arte.

Per alcuni versi questo può essere una cosa positiva secondo Ugo. Da un certo punto di vista può facilitare il discorso perché hai già una cucina, hai già un ristorante e quindi può essere facilitata la prova e l’idea di voler fare questo mestiere. Dall’altra parte perdi l’effetto sorpresa.

Questo perché l’effetto sorpresa è alle volte devastante: uno magari non si aspetta che cosa sia questo tipo di vita. Io di sorprese ne ho avute poche.

Diciamo che sapeva già di che cosa si trattava e sapeva già che quella sarebbe stata la sua vita.

La parte facilitata è stata quindi l’eliminazione di questo effetto sorpresa; per il resto lavorare con tua mamma e tua nonna in cucina non è una cosa semplicissima: c’era questo ostacolo molto forte, “non toccare quello che ti fai male” e “no, non toccarlo perché non sei capace a farlo”.

Erano più i “no” che si sentiva dire, ma erano altri tempi e quindi c’erano delle complicazioni in più sotto quel profilo lì.

Nel 2003 da Costigliole si trasferirono a Pollenza e aprirono anche il Relais San Maurizio. La mamma con il fratello Andrea erano al relais, lui invece con i fratello Piero erano a Pollenza

A Pollenza mi ha raccontato che c'erano diversi spazi distinti, il loro ristorante, la banca del vino, l hotel e l'Universita'.

Nel 2013 si ha l’importantissimo trasferimento a Villa Reale nellaTenuta Fontana fredda diSerralunga d’Alba (CN), dove sorge oggi il suo ristorante stellato.

Mi ha raccontato che oggi è anche Ambassador del tartufo.

Chef di un ristorante stellato e Ambassador del tartufo, due riconoscimenti che lo rendono davvero uno chef non solo famoso ma apprezzato.

MI chiedevo che importanza potessero avere per lui.

Ugo mi dice che sono sicuramente importanti; quello sul tartufo è sicuramente molto importante perché è ilfocus trainante, come il vino, di tutte queste zone delle Langhe, del Roero e del Monferrato, zone che hanno saputo valorizzare nel modo migliore sicuramente questi due brand, vino e tartufo.

Ugo mi ha detto che lui e la sua famiglia hanno sempre creduto nel territorio, tartufo e vini tipici del Piemonte. Hanno sempre puntato su prodotti di alta qualità e hanno sempre creduto nei piccoli allevatori.

In cucina Ugo Alciati porta avanti, attualizzandola con i tempi, la visione dei genitori Guido Alciati e Lidia Vanzino che a Costigliole d’Asti, a partire dagli Anni Sessanta, hanno scritto tante pagine di una cucina di territorio, di stagione, di memoria.

Il suo alter ego in sala è il fratello Piero, pronto a consigliare gli abbinamenti migliori, mentre Erica Ciravegna, compagna di Ugo, coordina lo staff e racconta a ogni ospite con contagioso entusiasmo quanto amore c’è in questo luogo e in questo lavoro che si basa sulla tradizione più autentica della cucina piemontese.

E anche dai loro gesti e dalle loro parole traspare quel senso di famiglia che regala quell’umanità spesso velata in ristoranti stellati di questi livelli.


Tradizione e innovazione, sono due parole molto care a Ugo, Una persona che ama tantissimo la tecnologia ma crede molto nei valori della tradizione.

Sicuramente la tecnologia aiuta, ne e' assolutamente convinto e Ugo la utilizza dove e' utile, ma tuttavia non e' mai per gli eccessi, in nessun caso. Non esce mai dai limiti; andare oltre il limite è una cosa che gli dà fastidio, non gli piace. In tutte le cose pondera molto bene quali sono i suoii limiti e ci arriva vicino, ma decide di non oltrepassarli mai.

Oltrepassando i limiti si perdono la visione e la gestione globale di quello che si fa, e quindi quando non sai più quello che fai diventa un problema.

E in cucina è un problema enorme. Bisogna fare attenzione: loro diamo da mangiare alla gente e la gente si nutre con quello che loro preparano, quindi devono avere una coscienza assolutamente pulita su questo fronte.

Utilizzare alle volte ingredienti poco commestibili semplicemente per fare scena e fare fumo non è nel suo stile. Loro hanno una cucina molto concreta, legata al territorio, ai produttori e agli allevatori della loro zona; sono molto legati alle persone che producono e allevano i loro prodotti perché sono fondamentali per il loro lavoro.

Per lui il futuro è fatto di storia e tradizione, prodotti del territorio, continua evoluzione non solo sul piano tecnico ma anche sugli abbinamenti.

Mi ha fatto l'esempio di un piatto del suo menu', riso carnarolii con ricotta piemontese "sei ress" e acciughe mantecate, una crema di acciughe e del pepe fresco.

Un piatto che vuol dire tradizione ma anche innovazione.

Ho chiesto ad Ugo due piatti che sente piu' suoi, che lo identificano di più' e mi ha confidato essere il gelato al fiordilatte e gli agnolotti del pin.

Il gelato al fiordilatte, è latte delle mucche bianche piemontesi, quindi dei pascoli alpini, non va in freezer, ci sono pochissimi ingredienti, pochi zuccheri e pochi grassi.

Gli agnolotti del Plin invece sono un suo legame e ricordo della mamma, un piatto che rappresenta una simbiosi perfetta del rapporto che aveva con la mamma.

Lei cuoceva la carne, lui preparava la pasta in quanto pasticciere quindi molto preciso, poi la mamma univa la pasta e la carne e lui li cucinava e serviva.

na#piemonte

Ho chiesto se ha presentato delle novità in cucina e mi ha confidato che le ultime sono state a Giugno alla riapertura del ristorante.

Sapeva di non poter contare su clienti stranieri o di altre regioni, e avendo solo clienti locali che non conoscevano il suo ristorante voleva in qualche modo legarli a lui e farsi conoscere al meglio.

Così ha presentato due novità al menu', ha eliminato tutti i primi lasciando solo tre tipi di agnolotti, così a tavola arrivano tre tipi di agnolotti ognuno preparato secondo la tradizione con richiami alla cucina della nonna e ha eliminato i dolci, o meglio come dolce presenta una selezione di dolci serviti insieme,

Mi raccontava che all'inizio erano solo in cinque di famiglia a lavorare, poi sono diventati trenta e oggi sono cinquanta, così gli ho chiesto il ruolo della brigata di cucina e di sala.

Mi ha detto che adesso fra sala e cucina sono in cinquanta. Lavorare bene in staff è fondamentale, così come è fondamentale il concetto di estrema cura e professionalità, sia nel preparare un piatto che nel servirlo al tavolo.

Oggi la squadra è fondamentale, ognuno deve avere il suo ruolo, purtroppo non è possibile avere la gestione famigliare di una volta, perché oggi si è quasi una azienda.

Ugo è ai fornelli da tantissimi anni e così gli ho chiesto se in questi anni ci sono state delle evoluzioni, dei cambiamenti,

La sua è una cucina indissolubilmente e inevitabilmente legata al suo territorio: le Langhe e il Piemonte. Gli ingredienti e le materie prime rimangono gli stessi, ciò che cambia è un abbinamento, oppure l’aspetto estetico della presentazione. La sua ricerca è indirizzata a migliorare, a cercare strade e soluzioni nuove per un piatto che esiste già e che ha in carta da sempre. È il caso del vitello tonnato, la loro famiglia lo prepara da 35 anni: da poco lo propongono tagliato col coltello, quindi a fette irregolari, più spesse.

La sua cucina racconta la storia della sua famiglia e di una cucina di memoria legata alla tradizione di grandi produttori e allevatori. Lavora in questo modo per rispetto delle sue radici, del lavoro dei suoi genitori, del suo territorio e ogni suo piatto lo testimonia.

Il 90 per cento dei prodotti che utilizza li acquista nel raggio di 20 chilometri: il più lontano è forse il Cardo Gobbo di Nizza Monferrato, fatta eccezione per i limoni di Sorrento, ovviamente.

Abbiamo parlato di tempo libero anche se Ugo ne ha poco e così ho voluto sapere se avesse delle passioni.

Ha due passioni, le uniche due cose di cui non e' mai rimasto senza: e' stato senza auto, senza fidanzata. Ma senza una moto e un cane mai.

Ugo ama ii motori, da sempre. Da giovane ne ha combinate di tutti i colori, i suoi erano disperati. Tornava a casa pieno di lividi, con braccia e gambe rotte. In moto e' stato un cattivo ragazzo. Adesso si e' tranquillizzato perché ha capito che di vita ce n’è una sola. 

E poi c'e' l'amore per i cani. Adesso ne ha due, ma ne ha avuti molti di più, numeri da allevamento.

Prima faceva cucciolate, li portava alle mostre canine, era in un gruppo cinofilo. Adesso si godo i suoi cani a casa.

Ho confidato di esser una persona golosa ma che ama molto stare a tavola e scoprire piatti nuovi e così ho chiesto cosa adora mangiare.

Mi verrebbe da dire tutto. Lo annoia chi abusa di spezie o di aglio e cipolla. Gusti che rendono i sapori dei cibi tutti uguali. Gli piace tantissimo la cucina giapponese, perché è pulita e raffinata. Poi, da buon italiano medio, adora la pizza. Ma deve essere fatta bene, digeribile e cotta al punto giusto.

Ugo Alciati, uno chef stellato, ma una persona semplice, umile, un piemontese di altri tempi che ancora oggi si fa conoscere per quel che è senza la necessità di dove costruire un personaggio. Quando si potrà vi invito ad andarlo a trovare, a provare la sua cucina squisita a gustarvi la sua tradizione piemontese figlia di altri tempi.

#stellato#cucina#food


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